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Supply Chain Management, RFId e standard EPC: che sia la volta buona? Il presidente di EPCglobal fa il punto in un evento Indicod-Ecr

L’indisponibilità di informazioni tempestive, diffuse ed accessibili lungo la supply chain ha di certo rappresentato in questi anni una delle barriere…

01 Mag 2009
L’indisponibilità di informazioni tempestive, diffuse ed
accessibili lungo la supply chain ha di certo rappresentato in
questi anni una delle barriere più significative
all’adozione dei principi del Supply Chain Management. La
grande “promessa” legata alle tecnologie RFId è
proprio quella di consentire un abbattimento dei costi di
acquisizione dei dati relativi al flusso delle merci lungo la
filiera, migliorandone al contempo accuratezza, tempestività e
grado di dettaglio. La “lettura massiva e non
presidiata” dei dati non sarà sufficiente per superare la
barriera sopra richiamata fintanto che i dati così
efficientemente acquisiti non saranno, altrettanto
efficientemente, condivisi. L’anello di congiunzione tra
queste due funzionalità è rappresentato da uno standard
universale che copra in modo integrato la catena del valore del
dato, dalla codifica di prodotto alla raccolta automatica sul
campo, dalla gestione del dato fino alla sua fruizione al di
fuori dei confini della singola azienda che lo ha raccolto.
Proprio del ruolo dello standard quale elemento che abilita il
connubio tra tecnologie RFId e Supply Chain Management, si è
discusso nel corso del convegno “Oltre la sperimentazione.
L’RFId entra in azienda: l’esperienza italiana”
organizzato da Indicod-Ecr il 22 aprile scorso a Milano. Come ha
ricordato in apertura dei lavori Bruno Aceto, direttore generale
di Indicod-Ecr, l’obiettivo dello standard RFId EPC è
esattamente quello di supportare la raccolta e lo scambio di
informazioni ai vari livelli della supply chain, dando vita ad un
mondo interconnesso in cui tutti, dal produttore
all’operatore logistico fino al distributore, possano
beneficiare della possibilità di conoscere la storia di ogni
singolo articolo nella supply chain, sfruttando i vantaggi legati
alla tracciabilità e rintracciabilità del prodotto, migliorando
i propri processi organizzativi, il proprio grado di controllo
sul business ed il livello di servizio offerto alla propria
clientela.
Chris Adcock, presidente di EPCglobal Inc., è entrato nel merito
dei benefici che l’adozione di uno standard comune potrà
portare a questi attori. In primo luogo, uno standard che, come
nel caso EPC, operi sia a livello di codifica che a livello dati
ed applicazioni è essenziale per ridurre la complessità
informativa, che è uno degli ostacoli più rilevanti ai progetti
di Supply Chain Management. In secondo luogo, l’esistenza
di uno standard ridurrà sensibilmente i costi di implementazione
e integrazione della tecnologia RFId nei sistemi informativi,
dentro la singola impresa (unificazione delle piattaforme
applicative, concorrenza derivante dall’interoperabilità),
ma soprattutto nell’interfaccia tra le imprese.
L’insieme di queste due funzionalità, standardizzazione
della codifica e standardizzazione delle modalità di accesso
alle informazioni, ridurrà i costi legati alle attività di
acquisizione e gestione dei dati e consentirà alle aziende di
concentrarsi maggiormente su come utilizzare le informazioni
raccolte, piuttosto che su come raccoglierle. Da questo cambio di
prospettiva discende il terzo ed essenziale beneficio dello
standard EPC: le risorse che si sposteranno sull’analisi
dei dati consentiranno di mettere a fuoco aspetti su cui oggi vi
è una conoscenza approssimativa, come ad esempio la destinazione
reale dei colli (con quello che ciò implica a livello di
rintracciabilità e gestione dei richiami), la qualità del
flusso logistico (responsabilità degli operatori, certificazione
di prodotto) e la gestione delle promozioni (velocità di arrivo
sul mercato, andamento degli stock).
La strada da percorrere è ancora lunga. Vi sono tuttavia due
elementi che, frutto del contesto competitivo odierno, potranno
favorire ulteriormente l’affermarsi dello standard EPC. Il
primo di essi è rappresentato dalla domanda globale di una tale
piattaforma di standardizzazione; mentre in passato
tracciabilità, certificazione, gestione delle promozioni,
business intelligence erano parole chiave nel largo consumo, ma
meno sentite nella ricambistica automotive, nell’editoria,
nell’entertainment, etc., ora la promessa di una
piattaforma universale di acquisizione, gestione e condivisione
dei dati risulta molto più attrattiva. Il secondo elemento è
rappresentato dal fabbisogno crescente di informazioni che, se
inserito nel contesto attuale, porterebbe ad un aumento
dell’entropia informativa al limite
dell’ingestibilità. Si pensi, ad esempio, ai dati relativi
allo stato del bene (temperature, manipolazioni). Uno scenario
complesso ma ricco di prospettive, dentro il quale GS1, in
qualità di ente di standardizzazione, dovrà trovare i giusti
argomenti. La realizzazione di importanti casi pilota di respiro
interaziendale ed internazionale potrà rivelarsi la chiave di
volta, per mettere in luce il potenziale di questo cambiamento.

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