Approfondimenti

Le ICT come motore della ripresa delle PMI

In uno scenario congiunturale ancora negativo, soprattutto sul fronte occupazionale, le aziende italiane medio piccole iniziano a vedere i segnali di un riassestamento. Gli investimenti in innovazione tecnologica accelerano il necessario recupero di competitività nel medio-lungo termine.

20 Ott 2010

Le PMI danno segni di ripresa, ma i piccoli imprenditori
investono poco in innovazione e ricerca di nuovi clienti e
mercati, attendendo la ripresa come un fattore esogeno. Questi,
in sintesi, i risultati di una ricerca dell’Osservatorio
congiunturale di Fondazione Impresa, che ha preso in esame 1200
piccole imprese, con meno di venti addetti, dei settori del
commercio, dei servizi e dell’artigianato. Il fatturato
ha retto alla crisi, registrando una contrazione rispetto allo
scorso anno dello 0,5% e di produzione e domanda solo 0,8%. Le
previsioni per il 2010 sono promettenti: +0,9% la produzione e
+2,1% il fatturato, +1% per gli ordini e +2,2% per le
esportazioni, ma è l’occupazione il fattore che più
preoccupa. La tenuta dei fatturati si è infatti realizzata
principalmente mediante il taglio dei costi e del personale,
perciò chi di più ha pagato le conseguenze della crisi
economica sono stati i lavoratori. L’osservatorio ha
misurato un calo dell’occupazione del -2,3% nei primi sei
mesi del 2010 rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente (in cui già il dato era in contrazione) e ha
formulato previsioni per il secondo semestre di un ulteriore
-0,6%. A pesare sulla situazione, inoltre, l’attuale
atteggiamento di buona parte degli imprenditori, che attende la
ripresa passivamente. La ricerca ha infatti rilevato che
un’impresa su due non investirà più di 25mila euro nel
corso dell’anno; una cifra contenuta che perdipiù sarà,
nella maggioranza dei casi, destinata a sostituire
l’attrezzatura esistente, e non all’ampliamento del
parco macchine, all’innovazione di prodotto o alla
ricerca di nuovi clienti e mercati.


La diffusione delle ICT nelle PMI


Una carta vincente per determinare la competitività delle
aziende e la loro sopravvivenza nel medio- lungo termine
potrebbe essere quella delle ICT: il loro utilizzo in azienda
è in grado di impattare significativamente sui processi e
sulla produttività. Il livello di adozione di questi strumenti
è stato oggetto di una recente ricerca dell’Osservatorio
ICT & PMI della School of Management del Politecnico di
Milano, che ha analizzato un campione di 1000 aziende italiane
con un numero di dipendenti compreso fa 10 e 500. Dalla ricerca
emerge che l’81% delle aziende prese in esame utilizza un
sistema gestionale ERP a supporto della propria attività
amministrativa. Cresce inoltre sensibilmente rispetto al
passato l’utilizzo di strumenti di Business Intelligence
in tutte le classi dimensionali, anche se è ad oggi marginale
l’adozione di tali applicazioni mella modalità più
innovativa, ovvero qualla cloud, chiamata anche “as a
Service”. Il principale ostacolo alla diffusione risiede
nella difficoltà di integrazione dell’applicazione con i
molteplici database aziendali, dai quali vengono estratti i
dati per effettuare le elaborazioni e generare report o
cruscotti, aggravata inoltre dall’elevato livello di
frammentazione e disaggregazione dei dati che caratterizza
l’architettura IT di molte PMI italiane. L’utilizzo
delle applicazioni CRM varia da un 9% relativo alle imprese di
dimensioni minori fino al 24% per le imprese con più di 250
addetti; le percentuali più alte riguardano imprese di medie
dimensioni operanti nel comparto dei Servizi (ad esempio,
Servizi di Consulenza, Media, ecc.) e della Distribuzione
Commerciale all’ingrosso. I ricercatori segnalano che
circa un’impresa su 3 utilizza un’applicazione di
gestione delle Risorse Umane. In particolare, le imprese di
piccole dimensioni utilizzano prevalentemente strumenti a
supporto della gestione delle presenze, dei turni, e, in alcuni
casi, dell’elaborazione delle paghe, mentre solo nelle
imprese di dimensioni maggiori iniziano a diffondersi
applicazioni più complesse, come per la gestione delle
attività di selezione, di recruiting e di training.

Emerge inoltre un interessante fenomeno di utilizzo dei
cataloghi online per l’acquisto di materiali indiretti
(MRO) e di cancelleria, utilizzati da circa il 16% delle PMI
italiane, provenienti sopratutto dal settore manifatturiero.
Circa l’8% delle PMI italiane utilizza sistemi di Unified
Communication e di supporto alla collaborazione. La diffusione
di questi nuovi sistemi di comunicazione è strettamente
correlata alla diffusione della tecnologia VOIP, che offre la
possibilità di trasmettere il traffico voce e dati su reti IP
based. La percentuale di imprese che utilizza sistemi di
Gestione Documentale e Conservazione Sostitutiva dei documenti
(ad esempio, ordini, fatture, documenti tecnici, ecc.) varia
invece dal 10% per le imprese di dimensioni minori, al 24% per
le imprese con più di 250 addetti. L’attenzione per il
futuro è orientata all’utilizzo di queste applicazioni
in modalità “as a service” che, per le proprie
caratteristiche e per le indubbie potenzialità, potrebbe
rivestire un’importanza cruciale per
l’ottimizzazione dei processi e il recupero di
competitività delle PMI italiane. Pacchetti gestionali
semplici rivolti a piccole imprese, applicazioni di CRM,
soluzioni di Unified Communication e, più in generale, tutte
quelle applicazioni che non richiedono interventi di
personalizzazione ed integrazione importanti, sono facilmente
utilizzabili dalle PMI in modalità as a Service, apportando
importanti benefici. L’utilizzo delle applicazioni come
servizio ha come effetto, infatti, una drastica riduzione degli
investimenti iniziali e dei costi gestione e di manutenzione,
permettendo comunque di mantenere una elevata flessibilità di
utilizzo. Ciononostante l’utilizzo è ad oggi ancora
molto limitato. Ciò è dovuto, da un lato, ad uno stadio di
maturità non ancora raggiunto da questo tipo di applicazioni e
dall’affidabilità degli erogatori, dall’altro, da
una conoscenza del fenomeno ancora molto limitata da parte
degli imprenditori, che, come confermano i dati della ricerca,
erroneamente credono che questa modalità non possa garantire
standard di sicurezza paragonabili alle soluzioni legacy, e
nutrono in generale diffidenza nei confronti di queste
soluzioni

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