Interviste

La via del governo verso l’efficienza nella Pubblica amministrazione. Intervista a Renato Brunetta

Il Ministro Brunetta illustra le linee guida della sua riforma della PA, incentrata su trasparenza e merito, e presenta i primi risultati delle innovazioni tecnologiche introdotte in questi due anni di attività: la Posta Elettronica Certificata, i nuovi sportelli Web per erogare servizi online a cittadini e imprese, il sistema per inviare all’INPS i certificati medici digitali, la copertura Wi-Fi nelle università.

20 Ott 2010

Ministro Brunetta, “innovazione” ed
“efficienza” sono ormai diventate due parole chiave
per la Pubblica Amministrazione italiana: rappresentano i
“binari” sui quali si stanno avviando quei progetti
di riforma e cambiamento che si pongono l’obiettivo ultimo
di spingere verso una PA più moderna, più attenta
all’utilizzo delle risorse e alle esigenze delle imprese e
dei cittadini. L’Italia tuttavia è fra i Paesi che,
rispetto al PIL, dedicano in Europa, le minori risorse alle
tecnologie dell’informazione (ICT). Proprio in questo
periodo di crisi, la Commissione europea e gran parte dei Paesi
del G8 ritengono prioritari gli investimenti nelle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione perché sono quelli
che producono i maggiori effetti sulla crescita del prodotto
interno lordo dei Paesi avanzati. Alla luce di questo scenario,
quali azioni concrete sta portando avanti il suo Ministero per
recuperare efficienza nella PA attraverso le ICT?


Il Governo, già nei primi mesi del suo insediamento, ha messo a
punto un programma, – poi confluito nel Piano e-Gov 2012
– nato proprio per superare il ritardo del nostro Paese.
Serviva innanzitutto una politica coerente dell’innovazione
in grado di collocare i diversi progetti da realizzare in una
dimensione strategica coerente, cioè in un programma
d’azione complessivo del governo e della Pubblica
Amministrazione in tutte le sue articolazioni. Così abbiamo
cominciato a ragionare con le diverse amministrazioni e a diversi
livelli di governo per definire un insieme di progetti di
innovazione digitale che, nel loro complesso, riuscissero a
modernizzare e a rendere più efficiente e trasparente tutta la
Pubblica Amministrazione, migliorando la qualità dei servizi
erogati a cittadini e imprese, diminuendo i costi per la
collettività e contribuendo a fare della PA un volano per lo
sviluppo economico del Paese. Compito non banale, ma
l’obiettivo di creare un ambiente favorevole
all’innovazione richiedeva necessariamente la definizione
di obiettivi condivisi tra amministrazioni centrali e locali.
Solo così sarebbe stato possibile individuare strumenti e azioni
efficaci. Così sono stati siglati vari Protocolli di intesa e
avviate numerose collaborazioni per concordare ambiti prioritari
di intervento, tenendo conto delle peculiarità e dei progetti
già avviati da ciascun ente, al fine di identificare soluzioni
semplici, replicabili e di elevato impatto per i
“clienti”. Per recuperare efficienza era prioritario
disegnare regole nuove al passo con la rapida evoluzione delle
tecnologie informatiche, mettendo a disposizione delle
amministrazioni e dei pubblici dipendenti strumenti innovativi in
grado di incrementare l’efficienza e l’efficacia
dell’intero sistema pubblico. Il Consiglio dei ministri ha
approvato a febbraio di quest’anno la riforma del CAD,
testo che fornisce al Paese una nuova “cassetta degli
attrezzi” per la digitalizzazione della Pubblica
Amministrazione. Il nuovo CAD renderà possibile la
modernizzazione della PA con la diffusione di soluzioni
tecnologiche e organizzative che consentono un forte recupero di
produttività: riduzione di 1.000.000 di pagine l’anno per
effetto dell’avvio della dematerializzazione, con
l’obiettivo al 2012 di ridurre di 3 milioni le pagine;
risparmio del 90% dei costi di carta e del relativo impatto
ecologico (uso e smaltimento) per circa 6 milioni di euro
l’anno (solo acquisto senza smaltimento); riduzione dei
tempi fino all’80% per le pratiche amministrative, in
particolare di quelle ancora a basso tasso di informatizzazione;
la Posta Elettronica Certificata (PEC) produrrà un risparmio a
regime di 200 milioni di euro per la riduzione delle raccomandate
della Pubblica amministrazione ai cittadini, senza contare la
riduzione dei tempi e degli spazi di archiviazione. Dalla
programmazione e dal disegno di regole al passo con i tempi siamo
passati alla realizzazione dei progetti per costruire una PA
trasparente, veloce, efficiente e capace di rispondere alle
esigenze di un Paese moderno.

Quali sono le attività attualmente in corso per
raggiungere gli obiettivi fissati nel piano e-Gov 2012? Quali i
vantaggi per cittadini e aziende conseguiti fino a ora?

Parliamo di azioni concrete. Abbiamo accelerato sulla diffusione
della Posta Elettronica Certificata nel Paese, cominciando così
a rompere gli schemi che da sempre caratterizzano il rapporto tra
la PA e i propri ‘clienti’. A cinque mesi
dall’avvio del servizio Postacertificat@ oltre 400.000
cittadini hanno richiesto l’attivazione del servizio
gratuito per dialogare on line con la PA, uno strumento che ogni
cittadino può utilizzare, ad esempio, per richiedere istanze di
accesso agli atti, presentare domande di partecipazione a
concorsi pubblici (se il bando lo prevede), oppure inviare la
documentazione relativa ad accertamenti tributari. Anche tra le
imprese cresce il numero di PEC: ad oggi almeno 500.000 aziende
dispongono di posta certificata. È inoltre ai blocchi di
partenza la diffusione della PEC alle 2,5 milioni di imprese
appartenenti al network di Rete Imprese Italia. Già dal mese
prossimo, in attuazione del Protocollo d’intesa siglato lo
scorso agosto dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e
l’innovazione e Rete Imprese Italia, prenderà infatti il
via la campagna di distribuzione rivolta agli associati di
Confcommercio e Confartigianato e a seguire tutte le imprese di
Rete Imprese Italia. Con il nuovo canale di comunicazione le
aziende semplificano il loro rapporto con la PA: possono
comunicare con INPS e INAIL, provvedere a iscrizioni, modifiche e
cessazioni alla Camera di commercio, presentare dichiarazioni di
inizio o cessazione di attività all’Agenzia delle entrate,
adempiere agli obblighi relativi alla Comunicazione Unica, oppure
ottenere il Documento unico di regolarità contributiva (DURC). I
liberi professionisti che hanno una casella PEC sono oltre 1,2
milioni: un esercito che può utilizzare la posta certificata per
gestire le comunicazioni ufficiali con gli enti di previdenza e,
più in generale, con tutta la Pubblica Amministrazione. La PA, a
sua volta, partecipa attivamente a questo processo di
digitalizzazione: ad oggi oltre 11.000 amministrazioni dispongono
di almeno una PEC e sono circa 19.000 le caselle PEC della PA
raggiungibili da cittadini, imprese e professionisti. Continuiamo
a parlare di “cose fatte”. È in via di attivazione
la piattaforma Vivifacile (www.vivifacile. gov.it), uno sportello
virtuale e unificato in grado di realizzare la convergenza dei
diversi canali di comunicazione (internet, posta elettronica,
PEC, telefonia mobile) e che fornisce a cittadini, professionisti
e imprese un procedimento di accesso e identificazione unico e
lineare (un’unica password per tanti servizi). Vivifacile
è la porta d’ingresso verso aree tematiche differenti: la
scuola, la salute e la previdenza (servizi INPS, posizione
contributiva e dati pensione), la mobilità (pagamento pratiche,
consultazione dati patente), la giustizia (concorsi, esami,
assunzioni, bandi di gara, decreti e circolari), il fisco
(dichiarazione dei redditi, modelli) e così via. Ad oggi il
servizio è già disponibile per il mondo scolastico grazie a
“Scuolamia”. Anche il portale ScuolaMia
(ww.scuolamia.istruzione. it) è “figlio” di questa
nuova stagione di digitalizzazione della PA avviata dal Governo.
È una piattaforma che permette alla scuola di erogare servizi
digitali alle famiglie: pagella online, comunicazioni alle
famiglie (incluse assenze) via SMS, prenotazione dei colloqui con
i docenti e richiesta di certificati. In pochi mesi, circa 3.000
scuole di ogni ordine e grado su tutto il territorio nazionale
hanno aderito all’iniziativa. È disponibile per le scuole
il portale Innovascuola (www.innovascuola.gov.it) dal quale si
possono scaricare materiali digitali per la didattica. A oggi
sono disponibili materiali rilasciati dal Ministero dei beni
culturali, dalla Treccani, da Motta Editore e Garamond. Il
portale ha una media di 65.000 pagine visitate alla settimana e
sono stati già scaricati circa 50.000 contenuti digitali. Sempre
restando sui fatti, abbiamo avviato una serie di iniziative per
l’innovazione digitale delle università, incrementandone
la copertura WiFi e favorendo l’adozione di servizi online.
Bastano pochi numeri: il progetto è in fase conclusiva in 54
università (ovvero il 65% delle università, comprendente circa
il 90% degli studenti) e consentirà di aumentare la copertura
WiFi del 50% negli atenei del centro-nord e del 100% negli atenei
del mezzogiorno (portando la copertura media nelle università
italiane a oltre l’80%). Il progetto è in fase avanzata di
realizzazione in 46 istituzioni dell’alta formazione
artistica e musicale (pari al 36% del totale): oltre 31.000
studenti (circa il 50% del totale) potranno usufruire di WiFi e
servizi amministrativi e didattici online. Tutti gli interventi
presso le 100 strutture universitarie interessate si
concluderanno entro dicembre. Senza dimenticarci della sanità
digitale.

Riguardo all’innovazione tecnologica nel settore
della Sanità, di cui si parla ampiamente anche nel piano E-Gov
2012, quali sono gli obiettivi che intende raggiungere e quali
sono già stati realizzati?

Il Piano e-Gov indica il 2012 quale deadline per semplificare e
digitalizzare i servizi elementari (prescrizioni e certificati di
malattia digitali, sistemi di prenotazione online) e creare le
infrastrutture per un’erogazione di servizi sanitari sempre
più vicini alle esigenze dei cittadini, migliorando, in questo
modo, il rapporto costo-qualità dei servizi e limitando sprechi
e inefficienze. I progetti sono ambiziosi e vanno
dall’introduzione del fascicolo sanitario elettronico
all’innovazione delle strutture delle aziende sanitarie.
Ricordo che dal 3 aprile di quest’anno è operativo il
sistema di trasmissione on line dei certificati medici di
malattia dei lavoratori del settore pubblico e privato. Questo
segna un importante passo in avanti nel processo di realizzazione
di servizi innovativi sempre più vicini alle esigenze di
cittadini e imprese, oltre che nella direzione di una
razionalizzazione della spesa pubblica. La nuova procedura
infatti produrrà vantaggi per il lavoratore con conseguenti
risparmi in termini sia di tempo che di spesa e al tempo stesso
porterà a una maggiore tempestività dei controlli, grazie
all’azzeramento dei tempi di trasmissione dei certificati e
alla possibilità di verifica immediata dello stato di malattia
del lavoratore e ancora un abbattimento dei costi di gestione dei
flussi cartacei, con un risparmio di circa 500.000.000 di euro
l’anno. Si tratta di un progetto ambizioso e complesso e i
risultati confermano che la direzione intrapresa è quella
giusta: l’85% dei medici di famiglia hanno ritirato le
credenziali di accesso (PIN) necessarie per l’invio dei
certificati e finora sono stati trasmessi all’INPS circa
500 mila certificati di malattia digitali.

Nel 2009 Lei ha dichiarato che il 2010 sarebbe stato
l’anno della svolta per il sistema Giustizia italiano, con
riferimento alle sperimentazioni in atto per la digitalizzazione
dei tribunali. Qual è lo stato dell’arte
dell’utilizzo dell’ICT nel settore della Giustizia?
Cosa è cambiato e cosa ci si può aspettare che cambierà nei
prossimi mesi?

Non si trattava propriamente di “sperimentazioni”,
non tecnologiche, almeno. I sistemi da utilizzare sono più che
collaudati. Si trattava e si tratta di cambiare mentalità, di
utilizzare la digitalizzazione al servizio di un prodotto diverso
e migliore, non come mera modifica della macchina da utilizzarsi,
per ottenere sempre lo stesso risultato. Abbiamo ottenuto
risultati molto importanti e positivi, in sedi decisamente
grandi, come Roma o Milano, arrecando gran beneficio ai tempi
della giustizia, alla sicurezza degli scambi d’informazioni
e documentazioni, oltre che al lavoro di magistrati, cancellieri
e avvocati. Possiamo ritenerci soddisfatti. Ora passeremo alla
tappa successiva: tutto quello che ha funzionato in sedi
specifiche deve essere messo a disposizione e diffuso ovunque.
Perché la giustizia italiana è una sola e deve funzionare
ovunque nel migliore dei modi. Una sola precisazione, per non
ingenerare equivoci: stiamo parlando della digitalizzazione a
legislazione vigente. Come cittadino e come politico ritengo che
la giustizia meriti non solo grande attenzione, ma anche riforme
profonde. Ma è argomento diverso.

Un percorso virtuoso che si è attivato ormai da qualche
anno è rappresentato dall’utilizzo delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione a supporto dei
processi di acquisto (eProcurement). L’eProcurement nella
Pubblica Amministrazione sta vivendo, come mostra una recente
ricerca della School of Management del Politecnico di Milano,
dinamiche molto interessanti, con una forte crescita, negli anni,
del transato che la PA italiana negozia e acquista tramite
strumenti elettronici. Ne derivano importanti benefici sia per il
singolo ente che per la collettività nel suo insieme. Nonostante
il lavoro di Consip e delle agenzie regionali, a questa crescita
non corrisponde, tuttavia, una rapida diffusione nel territorio,
e il fenomeno sembra legato a singole esperienze di pochi Enti
che hanno deciso, con forte anticipo rispetto ad altri, di
muoversi in questa direzione. Qual è la sua opinione su questo
ambito di innovazione? Ha in cantiere iniziative per spingere
ulteriormente la diffusione dell’eProcurement nella
PA?

Il mio giudizio sulla crescita dell’utilizzo delle
tecnologie ICT a supporto dei processi di acquisto delle
pubbliche amministrazioni non può che essere positivo. Si temeva
che lo sviluppo dell’e-procurement nella PA avrebbe
favorito di fatto le grandi imprese, che sarebbero state messe
ancora di più nella condizione di primeggiare come fornitori
della PA. Timori evidentemente infondati, almeno alla luce
dell’esperienza di CONSIP che ha vinto il premio europeo
2009 per l’eGovernment proprio in virtù della sua
capacità di coinvolgere nel mercato elettronico pubblico le
piccole e medie imprese. Non va poi trascurato il contributo
dello strumento elettronico alla gestione trasparente delle gare,
con ciò che ne deriva in termini di maggiore legalità e
contrasto alla corruzione, temi su cui collaboriamo anche con
l’OCSE e con i Paesi del Medio oriente e del Nord Africa.
Sul fatto poi che non tutte le amministrazioni abbiano raggiunto
la stessa confidenza con questi strumenti credo che ciò sia la
naturale conseguenza del fatto che la PA italiana è composta da
realtà molto eterogenee: accanto ad amministrazioni
all’avanguardia sull’uso dell’e-Procurement ci
sono strutture pubbliche ancora ai blocchi di partenza. Noi ci
stiamo impegnando sul fronte della formazione e della
sensibilizzazione all’interno di tutta la Pubblica
Amministrazione: non a caso la Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione (in collaborazione con l’Università di Tor
Vergata e la Promo P.A Fondazione) sta organizzando un ciclo di
incontri per esaminare, tra l’altro, proprio i profondi
cambiamenti che saranno innescati dal public procurement.

La School of Management Politecnico di Milano ha attivato
due Osservatori, tra gli altri, nelle aree della Fatturazione
Elettronica e dell’impiego dell’ICT in Sanità,
analizzando lo stato dell’arte e le opportunità per il
Paese. In particolare, per la Fatturazione Elettronica il
beneficio potenziale per l’Italia – in termini di
aumento di produttività – derivante dall’adozione
diffusa risulterebbe compreso tra i 10 miliardi di euro
all’anno – se le logiche della dematerializzazione fossero
applicate alla sola fase di fatturazione – e i 60 miliardi di
euro all’anno – nel caso in cui l’adozione
fosse estesa all’intero ciclo ordine-pagamento. Qual è la
sua opinione sull’opportunità di spingere l’adozione
della Fatturazione Elettronica nella PA?

La legge n. 244/2007 ha già introdotto l’obbligo di
emissione, trasmissione e conservazione esclusivamente in forma
elettronica delle fatture emesse verso le amministrazioni
pubbliche. In queste settimane stiamo lavorando sul decreto di
attuazione e sulla data di entrata in vigore di questo obbligo.
La Fatturazione Elettronica è un documento che può viaggiare
per posta certificata e valorizza il lavoro fatto dal Governo
sulla comunicazione elettronica tra imprese e amministrazioni
pubbliche, ma è un tassello di un progetto più ampio che
comprende pagamenti, incassi, tracciabilità dei flussi
finanziari. È da tempo che insisto sulla Fatturazione
Elettronica nella PA perché favorisce la trasparenza e il
monitoraggio della finanza pubblica, tende a semplificare i
rapporti tra amministrazioni e imprese, induce innovazione e
modernità dell’azione amministrativa. È chiaro, è
necessario uno sforzo di amministrazioni e imprese per allinearsi
a questi nuovi strumenti e per rivedere modalità e strumenti di
interazione reciproca. Se ciascuno farà la propria parte non
soltanto ridurremo lo spreco di carta e di lavoro, ma soprattutto
avremo una conoscenza approfondita, puntuale e in tempo reale non
solo della destinazione, ma anche della razionalità della spesa
pubblica. Eviteremo così tagli indiscriminati agli investimenti
per sostituirli con riduzioni mirate, quasi chirurgiche,
favorendo i migliori e penalizzando i furbi, dentro e fuori le
amministrazioni. Il risparmio della spesa pubblica – e la
Fatturazione Elettronica potenzialmente ne genera molto –
ha senso infatti non solo in quanto tale, ma soprattutto in
quanto motore di un’allocazione intelligente e responsabile
delle risorse, grazie anche al controllo da parte del cittadino.
Con la digitalizzazione della burocrazia e con la posta
certificata andiamo in questa direzione. Inoltre questi processi
favoriscono l’emergere di nuovi servizi, nuovi strumenti,
nuove professionalità informatiche, contribuiscono alla
modernità non solo della amministrazione, ma anche del sistema
dell’offerta. Quello che temo è che si dica che non siamo
pronti, rinviamo, rivediamo, proroghiamo. Il nuovo è faticoso,
perché va costruito giorno per giorno. Ma, se lavori bene, ne
vale la pena.


Ministro Brunetta, è entrata in vigore la riforma della Pubblica
Amministrazione che porta il suo nome. Può indicarne tre parole
chiave?

Trasparenza, merito e valutazione. Principi che mirano tutti ad
un risultato comune: ottimizzare, finalmente, la produttività
delle pubbliche amministrazioni. Con questa riforma ritengo di
aver fatto il mio dovere rispondendo in tempi veloci con i fatti
alle sacrosante esigenze dei cittadini. In meno di quindici mesi
si è infatti passati dalla presentazione in Parlamento di un
disegno di legge delega alla pubblicazione del decreto delegato
sulla Gazzetta ufficiale dello scorso 31 ottobre 2009. E questo
è già un dato abbastanza sorprendente, che testimonia in modo
diretto come l’esigenza di un cambiamento deciso fosse
generalmente avvertita, ben al di là dei confini della
maggioranza di governo e, soprattutto, in ogni strato della
società italiana. Vedete, in questi due anni di governo ho avuto
la tenacia e il coraggio di fare quello che moltissimi sapevano
non essere più rinviabile. Per anni abbiamo infatti nascosto i
ritardi strutturali del Paese sotto il tappeto, come la polvere.
Ci bastava infatti ricorrere periodicamente al
‘trucco’ della svalutazione competitiva della lira
che, sia pure importando inflazione, determinava una crescita
drogata e illusoria. Con l’avvento dell’euro questo
non è più possibile e oggi paghiamo il gap di competitività
accumulato con le altre economie continentali. In questo
contesto, i cittadini percepiscono come sempre più
insopportabile l’arretratezza della nostra Pubblica
Amministrazione: un mostro inefficiente e cogestito per decenni
dal cattivo sindacato e dalla cattiva politica.


La Commissione per la valutazione, di fatto una sorta di
Authority, è una novità assoluta. Di cosa si tratta e quali i
suoi compiti?

La mia riforma realizza il passaggio dalla cultura di mezzi
(input) a quella di risultati (output e outcome) al fine di
produrre un tangibile miglioramento della performance delle
amministrazioni pubbliche. Per facilitare questo passaggio si
mette il cittadinocliente al centro della programmazione degli
obiettivi, grazie alla customer satisfaction, alla trasparenza e
alla rendicontazione. Si rafforza il collegamento tra
retribuzione e performance. E si aiutano le amministrazioni ad
assorbire la nuova mentalità con il supporto di una apposita
Commissione per la valutazione e di organi indipendenti di
valutazione, nel quadro di un programma triennale per la
trasparenza e l’integrità. In posizione di totale
autonomia e indipendenza di giudizio, questa Commissione ha il
compito di predisporre ogni anno una graduatoria delle singole
amministrazioni statali su tre livelli di merito, in base ai
quali la contrattazione collettiva nazionale ripartisce le
risorse premiando le migliori strutture. E’ composta da
cinque esperti di elevata professionalità nominati con decreto
del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio
dei ministri e con il parere favorevole di due terzi delle
commissioni parlamentari competenti. In ogni amministrazione le
pagelle saranno compilate da un organismo indipendente di
valutazione costituito da tre componenti e che di fatto sarà
l’interfaccia della Commissione stessa.

E come verranno premiati i dipendenti
meritevoli?

Ciascuna amministrazione, sulla base delle valutazioni dei
dirigenti e con l’ausilio della Commissione, alla fine di
ogni anno dovrà dividere il personale in tre fasce di merito. A
chi sarà collocato nella categoria alta (il 25 per cento del
personale) sarà corrisposto il 50 % delle risorse destinate al
trattamento accessorio. Chi, invece, sarà collocato nella
categoria intermedia (il 50 per cento del personale) avrà
diritto al restante 50% delle risorse destinate al trattamento
accessorio. Infine, il personale che finirà nella fascia bassa,
non potrà ottenere alcun trattamento aggiuntivo rispetto allo
stipendio base. In questo modo il merito diviene il criterio
esclusivo per l’attribuzione degli incentivi.


Saranno i prossimi mesi a dirci se e come questa riforma
inciderà concretamente nelle viscere
stesse dei
pubblici uffici…

In effetti adesso inizia un lavoro complesso di implementazione
delle norme appena approvate. Ogni sei mesi riferirò al
Parlamento sullo stato di attuazione del decreto legislativo n.
150 e chiunque, collegandosi al portale www.riformabrunetta.it
può monitorare in tempo reale la sua implementazione e proporre
le sue osservazioni. Se ci pensate, si tratta di un fatto inedito
nella vita pubblica italiana. Per la prima volta, infatti, un
sito Internet è un elemento qualificante di una riforma
strutturale dello Stato. La verità è che non sono un talebano
del diritto ma un riformista. Non ho quindi la pretesa di avere
trovato la ricetta magica per il definitivo rilancio della
produttività della Pubblica Amministrazione. Sarà il tempo a
dirci se e in quale misura questa riforma riuscirà a incidere
concretamente sulla qualità del lavoro dei dipendenti pubblici
nella fornitura di beni e servizi essenziali per il Paese. State
tranquilli: se qualcosa si rivelerà inadatto alle speranze mie e
di molti, non esiterò a prenderne atto serenamente e ad apporre
tempestivamente i necessari correttivi.

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