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Small Business Act, le strategie europee per le PMI

Dopo le dichiarazioni di principio entrano nel vivo i provvedimenti per le piccole e medi imprese: contratto di rete, sportello unico, fondo per il made in Itay sono alcuni esempi. Ma sono molto poche le aziende a conoscenza di questi strumenti

16 Mag 2013

Il decreto “Salva Italia” è stato il primo passo. Poi sono arrivati “Cresci Italia”, “Semplifica Italia”, il decreto “Sviluppo”, quello bis e la legge di Stabilità.

Sono stati questi gli strumenti che nell’ultimo biennio hanno visto tradurre in pratica per le imprese italiane i principi stabiliti dallo Small Business Act (SBA).

Dopo le dichiarazioni di principio, l’iniziativa europea destinata a creare condizioni favorevoli alla crescita e alla competitività delle piccole e medie imprese del vecchio continente è entrata nel vivo con una serie di provvedimenti che hanno avuto il grave difetto di non essere stati recepiti dalla massa delle aziende.


I risultati del quarto rapporto sullo SBA
Secondo il quarto rapporto sullo Smal Business Act, le iniziative prese dal governo hanno raggiunto solo il 7,1% delle microimprese (da 1 a 9 dipendenti) che hanno avuto la percezione che le istituzioni si siano mosse a loro favore.

La percentuale arriva al 10,1 per le piccole imprese e all’11,8 per le medie aziende, dati che indicano come necessaria la strada della collaborazione con le associazioni per fare conoscere cosa si sta muovendo a favore delle aziende.

Nato per creare condizioni favorevoli alla crescita e alla competitività delle piccole e medie imprese del vecchio continente, la direttiva di attuazione dello Small Business Act è stata approvata in Italia il 4 maggio 2010.

A seguire nel gennaio 2013 è arrivato dalla UE il nuovo Piano d’azione Imprenditoria 2020 che presenta una strategia continentale sull’imprenditorialità.


Un piano di sviluppo per l’imprenditorialità europea
Il Piano si basa su tre pilastri: l’educazione all’essere imprenditori, la rimozione delle barriere che frenano le imprese e l’istituzione di programmi di tutoraggio, consulenza e sostegno per donne, anziani, migranti e disoccupati.

Il Piano sottolinea anche come le misure a sostegno delle micro imprese (1-9 dipendenti) continuino a rimanere sbilanciate poiché un numero rilevante degli Stati membri non tiene conto delle caratteristiche delle piccole imprese quando viene progettata la normativa.


Le misure in pratica
Tutto questo in pratica si è tradotto in una serie di misure che hanno avuto il grave difetto di essere state sommerse dalle quotidiane notizie sulla crisi economica. Il calo del PIL, la tragedia dei suicidi fra gli imprenditori, il credit crunch hanno offuscato una serie di misure che hanno comunque provocato effetti positivi.

Fondo unico di venture capital, fondo per il made in Italy, fondo nazionale innovazione, contratto di rete, di sviluppo, moratoria sui debiti, sportello unico e altri provvedimenti sono, secondo il report, misure che hanno permesso a chi ne ha usufruito di registrare performance migliori rispetto a chi ne ha fatto a meno.

Per quanto riguarda l’innovazione il report sottolinea come il 59,9%delle imprese italiane ha adottato fra il 2008 e il 2011 una serie di strategie di innovazione che hanno previsto l’acquisto di macchinari e software (37,3%), la creazione di nuovi prodotti (27,3%) e servizi (20,1%).

Grazie a queste strategie poco meno della metà delle imprese ha registrato un miglioramento della qualità e del numero di prodotti e servizi offerti oltre a un maggiore accesso a nuovi mercati e a una migliore capacità produttiva.


L’innovazione è correlata alle dimensioni d’impresa
L’attività relativa all’innovazione è correlata alla dimensioni dell’impresa. Il 27% delle micro imprese ha creato nuovi prodotti, un dato che sale al 37% e al 53% fra le piccole e medie aziende. Fra la creazione di nuovi servizi e l’acquisto di macchinari le medie aziende sono più orientate all’innovazione, mentre le piccole imprese hanno registrato il maggiore upgrade qualitativo dei propri prodotti.

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