interviste

SAP e l’Internet of Things: «L’obiettivo è dare un senso ai Big Data»

Un ampio piano di investimenti da 2 miliardi di euro su cinque anni incentrato sull’IoT. Che comprende anche l’acquisizione dell’italiana Plat.One. Ne abbiamo parlato con Nayaki Nayyar, General Manager e Global Head of IoT and Innovation GTM

02 Dic 2016

Nayaki Nayyar, General Manager e Global Head of IoT and Innovation GTM di SAPQualche settimana fa SAP ha presentato un ampio piano di investimenti da due miliardi di euro su cinque anni incentrato sull’IoT (Internet of Things).

L’obiettivo, spiega il fornitore in un comunicato, è dare un senso ai Big Data generati dalla moltitudine di oggetti intelligenti grazie a soluzioni IoT che applicano tecniche di machine learning e si integrano con le applicazioni “core business” di SAP S/4Hana. L’iniziativa comprende anche tre pacchetti per il supporto a Industria 4.0 – cioè per la digitalizzazione della produzione e delle attività correlate (pianificazione, asset management, controllo qualità, ecc.) – e la creazione di sei IoT Labs dislocati in tutto il mondo per fare ricerca, sviluppo, proof-of-concept e progetti congiunti con clienti, università e startup.

Nell’ambito di questo piano SAP ha anche annunciato l’acquisizione di due piccole società tecnologiche di cui una italiana, che si chiama Plat.One (l’altra è la norvegese Fedem Technology). A margine di un evento sul grande progetto di manutenzione predittiva di Trenitalia, abbiamo approfondito alcuni aspetti di questo piano con Nayaki Nayyar, General Manager e Global Head of IoT and Innovation GTM di SAP. Cominciando naturalmente dall’acquisizione dell’italiana Plat.One, che ha sede nella Silicon Valley e centro di ricerca e sviluppo a Genova.

«L’ambito in cui opera Plat.One è quello che chiamiamo end-to-end device management. Quando si creano soluzioni che si basano sul funzionamento di tantissimi oggetti “smart” molto diversi tra loro, è fondamentale gestire questi dispositivi, interagendo con essi uno a uno – dalle macchine delle linee di produzione ai lampioni intelligenti nelle Smart Cities – grazie al supporto di decine di protocolli di comunicazione delle macchine: abbiamo acquisito Plat.One per aggiungere questa capacità a SAP HCP (Hana Cloud Platform), che è appunto la nostra piattaforma di sviluppo e gestione di soluzioni IoT».

L’architettura di Plat.One, continua Nayyar, prevede due componenti. Uno “edge”, fisicamente più vicino ai device, per connettersi ad essi e gestirli localmente, all’occorrenza anche offline. E uno di backend direttamente connesso con HCP. «Ha anche un sistema di data management che “etichetta” i flussi di dati e assicura sicurezza end-to-end, permettendo l’integrazione diretta con infrastrutture Big Data e motori e applicazioni di analytics».

Dal suo punto di vista quali saranno i principali driver di investimento del piano da 2 miliardi di euro annunciato da SAP?

Il piano riguarda ovviamente prima di tutto la piattaforma tecnologica, la ricerca e sviluppo di soluzioni per gestire i dati provenienti dall’IoT nelle business application di SAP. Ma una parte fondamentale riguarda anche vendite e marketing, e poi servizi, progetti di co-innovazione, e l’ecosistema di partner e startup di SAP appunto per l’IoT. Uno dei principali obiettivi è raggiungere molti più clienti. Oggi raggiungiamo molti settori ma ne vogliamo coprire di più, per esempio l’assicurativo. Questi investimenti aumenteranno la capacità di SAP di presidiare e sviluppare questo fondamentale nuovo mercato, proponendo un’intelligenza “live” per individuare nuove opportunità, acquisire efficienza operativa e reinventare modelli di business.

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Lei ha una carica con ambito su tutto il mondo. Qual è da questo punto di vista globale il significato di un progetto come Trenitalia?

Il progetto Trenitalia dimostra che anche prodotti che esistono da secoli, i treni, possono essere pervasi di tecnologia digitale e ampliare il proprio ruolo ben al di là del “semplice” trasporto. Questo è un esempio di come un’impresa manifatturiera possa digitalizzare l’intera supply chain fino al consumatore finale, e cambiare il proprio modello di business per vendere soluzioni complete di servizi, e non solo prodotti. Un altro esempio simile è Kaeser Compressors, una multinazionale tedesca che produce compressori, ma ora con l’IoT non venderà solo questi prodotti, ma anche servizi di manutenzione predittiva che li riguardano, grazie alla possibilità di monitorare da remoto il comportamento dei compressori che i loro clienti stanno usando. Questo e Trenitalia sono tipici esempi di progetti che non sono solo innovazione tecnologica, ma innovazione nel modello di business in settori estremamente tradizionali e maturi.

Questi progetti sono di asset management. Può citare altre aree di particolare interesse in questo momento per l’innovazione attraverso IoT?

Ce ne sono tante, connected logistics, connected energy, connected consumer, healthcare. Prendiamo la connected logistics. Qui il problema è tracciare gli asset in movimento, in viaggio. Per esempio le aziende farmaceutiche devono, per legge, tracciare tutti i loro prodotti, dalla fabbrica allo scaffale della farmacia. Ma è un problema comune a tutti i settori che devono consegnare prodotti a una rete di vendita, e implica la possibilità di ottimizzare le fasi di trasporto e stoccaggio. La connected energy è un altro esempio, come ottimizzare il consumo di energia in qualunque asset, con ripercussioni in qualunque settore: per esempio Walmart è uno dei maggiori consumatori di energia al mondo, quindi anche qualche punto percentuale di riduzione di consumi si trasforma in enormi risparmi.

Prima di entrare in SAP lei era CTO in Valero Energy Corporation: come la aiuta quella esperienza nel suo attuale lavoro?

A quei tempi si parlava di Operational Technology e Information Technology ancora come mondi separati. L’OT è fatta di firewall, SCADA, controllo dei processi di fabbrica, sistemi tipicamente controllati dai planning manager e operation engineer dello stabilimento. Quello che fa l’IoT è di mettere in comunicazione questi due layer, perché ora possiamo prendere dati dallo shop floor, dalle linee di lavorazione, ed estrarne informazioni significative ai vari livelli fino al top management, per fornire visibilità su ciò che sta accadendo nel business.

Poco tempo prima che me ne andassi abbiamo implementato una “operational dashboard”. Non c’erano ancora le soluzioni IoT, e l’abbiamo costruita partendo dal layer OT, con visibilità in tempo reale su ciò che accadeva in ogni fabbrica, come funzionava il dato macchinario, ecc., e possibilità di fare approfondimenti sulle varie linee e singoli componenti.

È stato un primo salto culturale per il plant manager, che solo pochi anni fa doveva riportare problemi e spiegazioni in relazioni scritte, e ora deve invece rispondere in tempo reale. Quindi non è solo un fatto di adottare l’ultima tecnologia, ma anche di adattarsi culturalmente al cambiamento. Comunque questo lavoro sul campo con Valero, sulle linee di produzione, adesso mi è di molto aiuto nel capire cosa sta succedendo con la convergenza tra IT e OT nell’Internet of Things.

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