Interviste

Come e perché digitalizzare lo studio professionale

La conservazione sostitutiva consente risparmi da 1 a 3 euro per singola fattura. Ma ci sono anche nuove possibili fonti di business per gli studi professionali che puntano sulla digitalizzazione. L’intervista a Paolo Catti, responsabile dell’Osservatorio ICT & Commercialisti del Politecnico di Milano.

30 Lug 2012

Quanto è diffusa la dematerializzazione e la conservazione sostitutiva negli studi professionali italiani?
Con riferimento a progetti di dematerializzazione che comprendono soluzioni di Gestione Elettronica Documentale (GED), Conservazione Sostitutiva e l’adozione di portali/extranet per lo scambio di informazioni tra Studi e clienti, la Ricerca 2012 dell’Osservatorio ICT & Commercialisti fotografa un quadro ben definito. Dei 608 commercialisti che hanno partecipato alla nostra indagine, il 14% dichiara di avere soluzioni di gestione elettronica documentale (GED), il 12% di ricorrere alla conservazione sostitutiva per i propri documenti (quelli “dello Studio”), il 6% offre servizi di Conservazione Sostitutiva ai propri clienti e, infine, il 22% dichiara di appoggiarsi su Portali o Extranet per lo scambio di documenti tra Studio e clienti.

Una diffusione nel complesso ancora limitata, se si considera il rilevante impatto in termini di efficienza che queste tecnologie potrebbero avere sui processi degli studi, ma non trascurabile se confrontata con quella relativa all’adozione di progetti analoghi nelle PMI italiane.


Perché la conservazione sostitutiva stenta a decollare?
Dalla ricerca emerge una categoria orientata a innovare più per rispondere a imposizioni normative che stimolati dalla ricerca di nuove opportunità. Le soluzioni informatiche più diffuse tra gli Studi dei commercialisti sono, infatti, di tipo “law driven” (come ad esempio la PEC), cioè finalizzate al rispetto di obblighi di legge: solo un professionista su quattro è “market oriented”, cioè innova il proprio business con soluzioni informatiche finalizzate a governare meglio le richieste del mercato.


Molti professionisti non percepiscono i benefici economici della conservazione sostitutiva. Perché?
La conservazione sostitutiva consente di ottenere importanti benefici economici. Questi benefici sono evidenti, però, soprattutto a quei commercialisti che stanno già sperimentando soluzioni di Conservazione Sostitutiva. Come dire: chi utilizza, ne percepisce appieno il valore. Chi non utilizza, conserva posizioni di scetticismo, speso non giustificate. Va inoltre aggiunto che il costo per sviluppare progetti di Conservazione Sostitutiva risulta spesso ampiamente “abbordabile” e comunque sempre al di sotto dei valori dei benefici ottenibili (ndr – le principali voci di spesa per un progetto di conservazione sostitutiva sono: canone di attivazione del software, certificato di firma, conservazione a documento, scansione e manuale della conservazione)


La conservazione sostitutiva può essere vista come una nuova fonte di business per gli studi professionali? Ci sono degli esempi cui ispirarsi?
La conservazione sostitutiva per il commercialista ha una duplice valenza: riduzione dei propri costi (se si utilizza la conservazione per i propri documenti) e potenziale fonte di nuove opportunità di business ed elemento di fidelizzazione per i propri clienti (se si offre la conservazione sostitutiva come servizio ai propri clienti). Quindi, per il commercialista, la conservazione sostitutiva può essere una buona strada per affrontare la crescente dinamica competitiva che impatta sul proprio tradizionale ruolo di “consulente privilegiato” per le imprese (competizione portata da altri commercialisti, CAF, studi legali, associazioni di categoria e via dicendo).

Alcuni commercialisti un po’ più propensi all’innovazione tecnologica hanno già affiancato alla propria offerta tradizionale, nuove soluzioni ICT (e in particolare, di conservazione sostitutiva). L’obiettivo è sempre quello di “estendere il proprio business”: spesso per non restare vincolati alla sola offerta di servizi di gestione di contabilità, un’attività sempre meno appannaggio dei soli commercialisti.


Quali altri ulteriori benefici derivano dall’uso della dematerializzazione negli studi professionali?
Gli studi commercialisti nel tempo si sono venuti a trovare in una scomoda posizione. Da un lato il quadro normativo è in continua evoluzione e richiede una costante attività di studio e formazione, che drena tempo e risorse; dall’altro, i clienti degli studi tendono a percepire i servizi erogati come “sempre uguali a se stessi”, non sempre riconoscendo ai professionisti l’impegno profuso per gestire quel fattore “turbolenza” che, in modo crescente, può agitare e scompaginare norme e regolamenti da un anno all’altro.

In un contesto come questo, l’adozione consapevole delle innovazioni informatiche – tra le quali, per esempio, le soluzioni per la dematerializzazione – può rappresentare un vero e proprio toccasana: consente di creare efficienza nei processi, automatizzando una serie di attività (spesso a basso valore aggiunto) per liberare le risorse necessarie ad affrontare la crescente operatività.

Dall’analisi effettuata dall’Osservatorio ICT & Commercialisti emerge come tra gli studi che hanno adottato soluzioni di dematerializzazione, i benefici più frequentemente presenti sono l’aumento dell’efficienza nelle attività lavorative, la riduzione dei costi operativi e della complessità nella gestione degli archivi.

Questi vantaggi legati al recupero di efficienza possono ingenerare anche ben altre ricadute. Per esempio, riuscire a completare più rapidamente e con maggior accuratezza alcune attività, offrendo un livello di servizio superiore a parità di risorse impiegate, può rappresentare un’opportunità: sia per presentarsi in modo più attrattivo verso i clienti, sia per fidelizzarli, magari arricchendo la propria offerta tradizionale anche con altri servizi che si appoggiano sulle soluzioni informatiche (si pensi, per esempio, alla Conservazione Sostitutiva).

In una parola, uno studio commercialista che adotta consapevolmente soluzioni per la dematerializzazione può ambire a essere più “competitivo” rispetto ad altri studi che preferiscono mantenere un approccio tradizionale.


Quanto si risparmia con la dematerializzazione?
Con riferimento alle sole soluzioni per la dematerializzazione, un’impresa che fa Conservazione Sostitutiva delle fatture risparmia tra 1 e 3 euro/fattura. Per uno Studio Commercialista, l’adozione di soluzioni di dematerializzazione per la registrazione di Fatture Attive, Fatture Passive, gestione delle scritture contabili e dei documenti fiscali può portare benefici paragonabili: circa 14.000 euro/anno per uno studio con 35 clienti che registra poco più di 10.000 fatture all’anno; circa 120.000 euro/anno per uno studio più grande, con 130 clienti e che registra 110.000 fatture all’anno.


Qual è il primo passo da fare? Da dove si parte?
Le tecnologie sono disponibili, il quadro normativo è ormai completo, sul mercato sono attivi da anni operatori in grado di offrire soluzioni diverse (specifiche, tra loro complementari e complete). Affrontare la dematerializzazione con una vision chiara e completa di lungo periodo, consente di costruire una roadmap di adozione consapevole, orientata a raccogliere i “quick win” e proiettata a delineare un percorso verso la digitalizzazione dei processi il più ampio possibile.

Per essere ancora più concreti, da quanto risulta dalla Ricerca ICT&Commercialisti, i documenti tipici che il commercialista può portare in Conservazione Sostitutiva sono, in ordine di complessità crescente: libri, registri, scritture contabili, fatture attive, fatture passive, altri libri (libro delle assemblee, dei soci ecc), dichiarazioni fiscali e documentazione amministrativa (corrispondenza, contratti ecc).


Che consigli darebbe a uno studio professionale che sta valutando la dematerializzazione come strumento per ridurre i costi e aumentare i ricavi?
Tipicamente gli Studi commercialisti non hanno internamente competenze informatiche forti. Può quindi essere preferibile appoggiarsi con partnership mirate su aziende che operano da tempo sul mercato dell’offerta di soluzioni di dematerializzazione: in questo modo i commercialisti possono concentrare il proprio ruolo sulle componenti normativa e di business legate a queste soluzioni, senza dover necessariamente diventare tecnici informatici.

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